Coronavirus: vaccini, ora in fase sperimentale anche quelli russi

Sono almeno 190 i vaccini in fase di sperimentazione in tutto il mondo e di questi sarebbero almeno 16 quelli che sono entrati in fase di sperimentazione clinica. Questi i dati forniti dal monitoraggio del Milken Institute di Santa Monica.

Tra i vaccini per coronavirus in fase più avanzata di sperimentazione e ormai abbondantemente avviati alla Fase III, che è quella conclusiva, c’è sempre quello dello Jenner Institute realizzato in collaborazione con Advent Srl di Pomezia che ormai è in fase di sperimentazione clinica sia in Brasile e Gran Bretagna che in Sudafrica. Ma novità importanti arrivano da Mosca. Il ministero della Difesa russo e il Centro nazionale di ricerca per l’epidemiologia e la microbiologia del Gamalei hanno avviato la fase finale delle sperimentazioni cliniche su un vaccino contro il nuovo coronavirus. Secondo il Ministero della Difesa, “un primo gruppo di volontari è stato sottoposto a  trattamento per valutare la sicurezza e la tollerabilità del vaccino (FASE I), e questa sperimentazione terminerà il 15 luglio”. “Lunedì 13 luglio, ad un secondo gruppo di volontari, che viene testato per l’efficacia e l’immunogenicità del vaccino (FASE II), verrà iniettata una seconda dose di vaccino contro il coronavirus”, ha affermato il ministero. “Lo schema di richiamo della vaccinazione, che è destinato al secondo gruppo di volontari, consentirà di rafforzare il sistema immunitario e prolungherà anche la sua resistenza”, secondo il ministero. “In linea con il protocollo di ricerca, i volontari effettuano regolarmente test per l’immunità anticorpale e mediata dalle cellule”, ha affermato il ministero. “I dati ottenuti dal Gamalei National Research Center for Epidemiology and Microbiology, dimostrano che i volontari del primo e del secondo gruppo stanno formando una risposta immunitaria dopo iniezioni del vaccino contro il coronavirus”. Anche in Europa sono stati avviati nuovi prodotti che dovrebbero a breve entrare in fase sperimentale. I ricercatori dell’Università di Lovanio (Belgio) dichiarano di aver sviluppato un vaccino candidato contro il  nuovo coronavirus  – chiamato “RegaVax” – adattando un vaccino contro la febbre gialla. “Se tutto procede secondo i piani, vogliamo iniziare i primi test clinici sull’uomo prima della fine dell’anno”, ha dichiarato Kai Dallmeier, uno dei ricercatori che hanno lavorato al vaccino. Anche dagli Stati Uniti arrivano importanti novità. Il governo ha infatti ammesso il prodotto elaborato da Novavax tra quelli ammessi al programma Warp Speed, quello che è stato lanciato proprio con l’obiettivo di accelerare la realizzazione e poi la sperimentazione dei vaccini contro il Sars-CoV 2. Oltre un miliardo e mezzo è il finanziamento riconosciuto alla società Novavax per sviluppare un vaccino e preparare 100 milioni di dosi entro il 2021. L’esborso coprirà tutti i costi di test, produzione e distribuzione del futuro prodotto. Allo stesso programma partecipano anche hanno beneficiato anche Moderna Therapeutics, Merck e Sanofi. A contribuire, oltre al Dipartimento della sanità pubblica c’è anche il Dipartimento della difesa. Quello con Novavax è il maggior accordo mai fatto fino a oggi tra un ente pubblico e un privato. I maggiori fino a poche settimane fa erano quelli stipulati dall’agenzia Barda con Astrazeneca (1,2 miliardi) e Johnson & Johnson (un miliardo). Quest’ultimo finanziamento va quindi ad aggiungersi ai 384 milioni che Novavax aveva ricevuto a maggio dalla Coalition for epidemic preparedness innovations (Cepi). Mentre la sperimentazione procede speditamente in diverse parti del mondo, a destare preoccupazioni sono le reazioni dei cittadini. Qualche settimana fa in Italia, un sondaggio dell’EngageMinds Hub dell’Università Cattolica aveva indicato che 4 italiani su 10 si dicono poco propensi a vaccinarsi. Ora un nuovo sondaggio condotto negli Stati uniti registra le stesse perplessità da parte dei cittadini americani: solo il 50 per cento dei cittadini a stelle e strisce si dichiara disposto a farsi vaccinare contro il coronavirus. Gli attivisti hanno “preso il sopravvento”, ha spiegato a Science Neil Johnson, un fisico della George Washington University che studia le dinamiche dei gruppi antivaccini sui social network e che stima che negli ultimi mesi, il 10% delle pagine di Facebook gestite da persone che fanno domande sui vaccini sono già passate a diffondere informazioni antivacciniste. Alcune delle comunità più a rischio per il virus sono anche le più diffidenti: tra gli afro americani, che rappresentano quasi un quarto dei decessi statunitensi COVID-19, il 40% ha dichiarato di non volersi vaccinare. Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) sta attualmente lavorando a un piano per aumentare la “fiducia dei vaccini” come parte dello sforzo federale per sviluppare un vaccino, ha detto il direttore Robert Redfield a una commissione del Senato questa settimana. Anche il Johns Hopkins Center for Health Security e dal Texas State Anthropology hanno cominciato a elaborare strategie in questa direzione animando un panel composto da 23 esperti in salute, scienza, comunicazione, bioetica, antropologia che hanno formulato le raccomandazioni al fine di raggiungere l’obiettivo della vaccinazione universale contro il coronavirus. Molte raccomandazioni dei ricercatori si concentrano sulla nomina di messaggeri familiari: come le organizzazioni di base, i dipartimenti sanitari locali e i “portavoce della comunità fidati” per “impegnarsi presto e spesso con le comunità intorno alla vaccinazione Covid-19” e “neutralizzare” la disinformazione. Uno dei punti deboli in merito alla scarsa fiducia dei vaccini è però legata proprio alla fretta che in tutto il mondo le autorità sanitarie e le aziende stanno dimostrando nel tentativo di arrivare a un prodotto efficace. a sollevare il caso sono state le autorità indiane dove l’Accademia delle scienze indiana considera le tempistiche indicate dalle aziende indiani “irragionevoli e senza precedenti”. Le aziende indiane attualmente in lizza per la ricerca di un vaccino efficace contro COVID-19 sono sei, e dalla scorsa settimana il governo ha accordato alle due imprese Bharat Biotech e Zydus Cadila il permesso di avviare la sperimentazione sugli esseri umani. Bharat Biotech ha aderito al National Institute of Virology, che fa parte dell’Indian Council of Medical Research (ICMR), e sta collaborando con la Thomas Jefferson University di Filadelfia e l’Università del Wisconsin-Madison per elaborare una soluzione efficace. Molti scienziati ritengono che sia assurdo pensare di dimostrare l’efficacia e la sicurezza di un vaccino in meno di 2 mesi. “Per quanto ne so – commenta Anant Bhan, un ricercatore indipendente ex presidente dell’International Association of Bioethics – un percorso di sviluppo così accelerato non ha precedenti, sembra davvero affrettato e comporta potenziali rischi”. “La sperimentazione clinica – concorda Thekkekara Jacob John, virologo e veterano esperto di vaccini – non può assolutamente essere affrettata. Gli studi clinici della fase II solitamente richiedono un minimo di cinque mesi, mentre per la fase III non ci sono limiti fissi, ma generalmente non richiede meno di sei mesi”. Gli scienziati sottolineano che una procedura incompleta, inesatta o inadatta potrebbe peggiorare la situazione, per cui è fondamentale che tutti sappiano quanto sia importante rispettare le normative. Stesse preoccupazioni su Science anche da parte di autorevoli scienziati americani. “Qualsiasi vaccino contro il coronavirus dovrà affrontare ulteriori ostacoli, in particolare la mancanza di una documentazione sulla sicurezza a lungo termine” afferma Neil Johnson. Il ritmo frenetico dello sviluppo del vaccino può giocare un ruolo in quella direzione. Anche i sostenitori sono preoccupati che la corsa al vaccino aumenti il rischio che possa essere inefficace o avere effetti collaterali dannosi. “Prendi in considerazione il nome stesso dell’iniziativa statunitense per i vaccini, Operation Warp Speed, afferma Bruce Gellin, presidente del no profit Sabin Vaccine Institute. “Qual è il nome peggiore di qualcosa che dovrebbe darti fiducia in un prodotto che vuoi che tutti prendano?”. CI sono infine i problemi legati alla sperimentazione che hanno rallentato uno dei prodotti che sembravo essere più promettenti: il vaccino cinese della Cansino che, la settimana scorsa era stato avviato alla sperimentazione anche sui militari dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA). Il vaccino viene prodotto inserendo la proteina spike del coronavirus in un comune virus del raffreddore chiamato adenovirus 5. Quel virus può infettare l’uomo ma è stato modificato in modo da non poter più replicare. In uno riportato il 13 giugno su Lancet , il vaccino di CanSino ha innescato la produzione di anticorpi contro la proteina Spike. Ma molti volontari avevano già anticorpi preesistenti contro l’adenovirus, sollevando preoccupazioni che ciò potesse indebolire la loro risposta al vaccino. “Una risposta indebolita potrebbe peggiorare un’infezione quando le persone incontrano il vero coronavirus”, dice Peter Pitts, presidente del Center for Medicine in the Public Interest, un’organizzazione no profit di ricerca e istruzione con sede a New York City. (AGI)