L’App Immuni? Tutti dobbiamo fare la nostra parte.

– di William Nonnis, Full Stack & Blockchain Developer presso il Ministero della Difesa. Quel che conta sapere è che tecnicamente l’App funziona benissimo e se in questi mesi ha rintracciato un numero molto esiguo di positivi (560), non è stato per sua incapacità, quanto per un’importante interruzione della filiera della tracciabilità, dovuta alla mancata o insufficiente immissione dei codici alfanumerici da parte delle strutture sanitarie deputate a processare i dati. Purtroppo, siamo di fronte ad un’inadeguata e frammentata preparazione digitale, trasversale nella società e in ambito professionale, che rallenta, intralcia e arresta il naturale sviluppo e progresso che l’innovazione può apportare nella società

A più di quattro mesi dall’attivazione in Italia di IMMUNI (l’App messa a disposizione della popolazione dalle Istituzioni per il contact tracing, ossia per l’individuazione, tramite il tracciamento dei contatti, di persone “vicine” ad altre, risultate positive al Covid 19) si è tornati a parlare della sua funzionalità ed utilità a causa della grande impennata di contagi degli ultimi giorni. 

Sviluppata dall’azienda milanese Bending Spoons, e ceduta recentissimamente alla Sogei e pagoPA, IMMUNI ha raccolto da subito i consensi degli esperti del settore informatico a livello internazionale, grazie alla sua praticità di utilizzo e soprattutto per la modalità di risoluzione del delicatissimo e cruciale problema della privacy. 

Dopo una breve sperimentazione in quattro regioni d’Italia, il 15 Giugno è stata lanciata in tutto il Paese e lo scorso 20 Ottobre si è allargato il suo raggio d’azione in Europa, facendola intersecare con altre App di contact tracing. Finora è stata scaricata da più di 8,6 milioni dispositivi mobili, ma il dato è in forte crescita sia per il respiro internazionale che ha assunto, sia perché lo Stato sta proponendo su tutti i media campagne volte alla partecipazione corale della comunità nel fronteggiare la pandemia, proprio a partire da IMMUNI, che ad oggi è l’unico mezzo tecnologico di difesa dal contagio.

Non è un caso che la App sia stata ideata e sviluppata per essere utilizzata da tutta la popolazione anche perché è estremamente semplice scaricarla ed attivarla: con il semplice gesto di avere sempre con sè il cellulare (come si è soliti fare), ognuno può dare il proprio fondamentale contributo al contenimento della malattia. Ed è proprio in questo che sta l’enorme novità della portata dell’App, che non solo è il primo strumento digitale istituzionale di ordine sanitario, ma segna lo spartiacque di un nuovo modo di interazione tra cittadini e PA, perché affida alla responsabilità di ciascuno e al senso civico il benessere comunitario.

Infatti l’App funziona realmente solo se ogni persona conclamata positiva richiede alla ASL un codice alfanumerico da immettere nella stessa, così da allertare chiunque venga a contatto con il malato/vettore del contagio. Un segnale importante questo di come l’innovazione digitale rappresenti uno straordinario supporto per l’uomo e tutte le sue attività, ma sempre a patto che egli svolga un ruolo centrale, responsabile e consapevole nell’utilizzo della tecnologia.

Cessate le prime polemiche, riguardanti il tema della tutela della privacy, che ci sono state molto prima della sua attivazione e poi completamente annullate dall’efficacia del sistema, i riflettori dei detrattori di IMMUNI sono oggi puntati sulla scarsa utilità fin qui dimostrata. 

In realtà quel che conta sapere è che tecnicamente l’App funziona benissimo e se in questi mesi ha rintracciato un numero molto esiguo di positivi (560), non è stato per sua incapacità, quanto per un’importante interruzione della filiera della tracciabilità, dovuta alla mancata immissione dei codici alfanumerici. E qui si apre una profonda riflessione che investe l’inadeguata e assai frammentata preparazione digitale, trasversale nella società e in ambito professionale, che rallenta, intralcia e arresta il naturale sviluppo e progresso che l’innovazione può apportare nella società. 

La mancanza di una capillare alfabetizzazione e consapevolezza del digitale nel nostro Paese, che lo pone al quartultimo posto in Europa nell’indice D.E.S.I. (Digital Economy and Society Index) per competenze digitali e connettività, è il segnale eloquente di quanto l’Italia non sia al passo con i tempi nell’ambito dell’innovazione tecnologica che sta rivoluzionando il mondo intero. Tale gap va colmato, ora più che mai, perché come detto dal filosofo Luciano Floridi: “siamo ormai on life e non più off o on line”, ad indicare come e quanto la digitalizzazione sia ormai la colonna portante della quotidianità di ciascuno di noi.

Tornando ad IMMUNI, ovvio che da sola non può rappresentare la risoluzione di un problema tanto grande quanto gravoso, come quello della pandemia, ma essendo strumento assai semplice da utilizzare e senza alcuna controindicazione, seguendo i consigli delle Istituzioni, conviene che tutti scarichino l’App per una tracciatura sempre più precisa. Posto che il nostro Paese è il primo al mondo per possesso pro capite di dispositivi smartphone, con IMMUNI viene offerta, orizzontalmente, la possibilità di proteggere sé stessi e gli altri dal contagio che proprio ora si fa più pressante. 

Apportando il nostro semplice, ma diretto contributo, responsabilmente, l’App di contact tracing può finalmente operare al meglio. Nessun problema tecnico e nessuna mancata funzionalità insomma; piuttosto un’App molto ben sviluppata che per funzionare al massimo delle sue potenzialità necessita solo della nostra collaborazione. Soltanto insieme, infatti, si può arginare la pandemia e riprendere la via del #buonfuturo che ci sta aspettando.