Infodemia da COVID-19. Lo studio del team italiano guidato da Antonio Scala, presidente di Big Data in Health Society, e Walter Quattrociocchi, Università Ca’ Foscari, è stato pubblicato in questi giorni su Nature. Nello studio dal titolo “The COVID-19 Social Media Infodemic” è stato analizzato un set di dati contenente oltre 8 milioni di commenti e post per un arco di tempo di 45 giorni, pubblicati su cinque Social media: Twitter, Instagram, YouTube, Reddit e Gab. La sorpresa: Twitter, Instagram e YouTube sono “condizionati” dai social media minori. La conferma: le fake news sono un problema mal posto. E’ solo una questione di punti di vista, rilanciamo quello che per noi ha senso, ignoriamo le fonti e le informazioni a contrasto.
http://www.nature.com/articles/s41598-020-73510-5
In tempi di seconda ondata da Covid-19, credere che le fake news sui social media online viaggino più velocemente rispetto alle notizie verificate e attendibili, è a sua volta una fake news. La dinamica delle informazioni provenienti da fonti attendibili non presenta differenze statisticamente rilevabili rispetto a quelle provenienti da fonti discutibili o false. Pensare che il cambiamento indotto dai social media si riduca ad una mera tracciatura di notizie più o meno attendibili è semplicemente ingenuo. Perchè tutti possiamo scrivere ed è facilissimo trovare la versione che più si addice al nostro modo di vedere le cose e a quel punto rilanciamo, ci affezioniamo alla fonte e difendiamo il nostro credo. Anche se, bisogna sempre mantenere alta la guardia considerando i pericoli legati alla disinformazione, che possono accelerare la diffusione dell’epidemia, influenzando fortemente il comportamento delle persone, com’è accaduto quando prima dell’estate sono stati presi d’assalto i treni in direzione del sud d’Italia.
In questi giorni, dunque, l’autorevole rivista scientifica Nature, ha pubblicato lo studio condotto dal gruppo di ricerca guidato da Antonio Scala, ricercatore CNR e presidente della Big data in Health Society, e da Walter Quattrociocchi, ricercatore della Università “Ca’ Foscari” di Venezia, dal titolo “The COVID-19 Social Media Infodemic”. In breve, nel paper scientifico disponibile su Nature i ricercatori individuano il tasso “infodemico” di base per ciascuna piattaforma social. Dove per infodemia s’intende la circolazione incontrollata di una quantità eccessiva di informazioni (anche non attendibili) che rendono estremamente difficile al grande pubblico orientarsi su uno specifico argomento, in questo caso il coronavirus.
“Si tratta di un’analisi comparativa dei flussi di informazione su cinque social media – sottolinea Antonio Scala – Analizzando il coinvolgimento e l’interesse degli utenti sull’argomento COVID-19, abbiamo potuto valutare l’evoluzione delle discussioni su ciascuna piattaforma e, in analogia con i modelli epidemici reali, analizzare la diffusione delle informazioni sul modello di un’equivalenza tra epidemia ed infodemia”.
Durante le fasi iniziali dell’epidemia di COVID-19, il team guidato da Scala e Quattrociocchi ha analizzato un set di dati contenente oltre 8 milioni di commenti e post per un arco di tempo di 45 giorni e pubblicati su Twitter, Instagram, YouTube, Reddit e Gab. Ciò ha permesso di “comprendere” la dinamica dei flussi informativi dedicati a COVID-19 sui social media, registrando partecipazione e interesse crescente fino a divenire appunto un’infodemia.
I risultati dello studio indicano che gli utenti delle piattaforme tradizionali sono meno suscettibili alla diffusione di informazioni da fonti discutibili, ma che le informazioni provenienti da agenzie di stampa contrassegnate come affidabili o discutibili non presentano differenze significative nel modo in cui si diffondono. Questo risultato falsifica l’affermazione secondo cui “le notizie false viaggiano più veloci di quelle vere”. In particolare, i risultati sottolineano come i modelli di interazione di ciascun social media combinati con la peculiarità del pubblico di ciascuna piattaforma svolgano un ruolo fondamentale nella diffusione di informazioni e disinformazione.
“Tra i principali social media, notiamo che Twitter è il più neutrale, produce cioè volumi simili di post da fonti dubbie e mainstream – conclude Walter Quattrociocchi – mentre YouTube probabilmente filtra molto di più le fonti inaffidabili, tanto che il volume dei post mainstream è circa dieci volte maggiore di quelli dubbi e l’attenzione verso i post dubbi è tre volte minore rispetto a quelli mainstream. Tra i social minori, Reddit riduce della metà l’impatto dei post dubbi, mentre Gab li amplifica fortemente. In sintesi, l’amplificazione di informazioni da fonti considerate più o meno attendibili e verificate dipende effettivamente dalla piattaforma usata. Nei social media più popolari, il numero di post inaffidabili rappresenta una piccola frazione di quelli affidabili”.