Big Data in Sanità: le opportunità da cogliere grazie al Recovery Fund

– di Avv. Virginia Alongi e Avv. Gennaro Maria Amoruso. Dopo un SSN ispirato al principio del “paziente al centro”, il passaggio che adesso si ritiene debba essere compiuto e verso il quale sembrerebbe orientato il governo, è quello di fondare il Sistema Sanitario anche sulla cultura del dato sanitario. Dato che, da strumento anagrafico di mero controllo e monitoraggio, diviene strumento intrinsecamente idoneo a perseguire finalità assistenziali di natura preventiva diagnostica e di programmazione sanitaria.

La trasformazione digitale, che corre a diverse velocità a secondo di latitudine e longitudine del globo, al tempo di Covid – 19 ha determinato riflessioni (molte) ed interventi (al momento invero scarsi) in relazione allo stretto rapporto tra dati, di formato big, e la salute pubblica.

Come ormai noto, al termine del faticoso vertice europeo di luglio scorso sul Recovery fund si è convenuto tra l’altro che “La dotazione finanziaria di rescEU sarà pari a 1,1 miliardi di EUR. Il programma Salute sarà incrementato fino a raggiungere 1,7 miliardi di EUR in linea con la proposta della Commissione in risposta alla crisi COVID-19” e che “il Programma Europa digitale investirà nelle capacità digitali strategiche fondamentali (….). Integrerà altri strumenti, in particolare Orizzonte Europa e l’MCE, al fine di sostenere la trasformazione digitale dell’Europa. La dotazione finanziaria per l’attuazione del programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 sarà pari a 6,761 milioni di EUR”.

Invero, il tema della trasformazione digitale di istituzioni e di servizi, anche essenziali, è da tempo in cima alle priorità della agenda europea. Così come pure il tema dei big data nell’ambito della salute pubblica: la Commissione europea, in uno studio del 2016, scriveva: “I Big Data in sanità si riferiscono a grandi set di dati raccolti periodicamente o automaticamente, che vengono archiviati elettronicamente, riutilizzabili allo scopo di migliorare le prestazioni del sistema sanitario”[1].

Ciò premesso, gli intendimenti dei governatori italiani, con particolare riferimento alle tematiche in argomento, al tempo di Covid-19 sembrerebbero dei migliori.

Partendo dal presupposto che il sistema sanitario italiano negli ultimi anni è stato ispirato dal principio del “paziente al centro”, il passaggio che adesso si ritiene debba essere compiuto e verso il quale sembrerebbe orientato il governo, è quello di fondare il Sistema Sanitario anche sulla cultura del dato sanitario. Dato che, da strumento anagrafico di mero controllo e monitoraggio, diviene strumento intrinsecamente idoneo a perseguire finalità assistenziali di natura preventiva diagnostica e di programmazione sanitaria in base alla logica delle effettive esigenze del territorio rispetto alla popolazione assistibile e ciò al fine di garantire un accesso alle cure universale e privo, a tendere, di barriere digitali.

L’impiego dei fondi di provenienza europea sembrerebbe essere orientato alla realizzazione di interventi riformatori di cruciale importanza accomunati da un denominatore comune che coincide con la centralizzazione del governo del dato.

Sono infatti molti i progetti in cantiere: si va anzitutto dal (i) potenziamento del sistema informativo sanitario (infrastruttura tecnologica, sistemi di raccolta ed elaborazione dei dati) dove si innestano il Fascicolo sanitario elettronico e le soluzioni di telemedicina in tutte le sue declinazioni passando, ad esempio, per la (ii) realizzazione delle Case digitali che si prefiggono l’obiettivo di riorganizzare la gestione dei servizi di cure domiciliari mediante l’impiego di algoritmi di intelligenza artificiale, l’implementazione della rete –  in modo da consentire l’acquisizione di dati da sensori di dispositivi medici in maniera capillare – e di sistemi telepresenza di presidi medici virtuali nonché dei processi di movimentazione di dati tra registri remoti e per la (iii) ristrutturazione delle residenze sanitarie assistenziali in chiave digitale dove i flussi di dati convergono a livello centrale al fine di assicurare standard di cura per i pazienti più fragili sempre più elevati e digitali.

La partita è importante e va giocata – e non persa – in tempi rapidissimi, come quelli con cui viaggia il dato nella rete e il virus sulla Terra.


[1] Study on Big Data in Public Health, Telemedicine and Healthcare”, European Commission, December 2016