Arriva da Amsterdam via Washington, USA, l’avviso che il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’Unione europea (UE), progettato per garantire il controllo dei dati personali, potrebbe limitare eccessivamente la condivisione dei dati al di fuori dell’UE, ostacolando la ricerca biomedica globale, compresi gli sforzi essenziali diretti a contrastare la diffusione della pandemia di COVID-19.
A sostenerlo in un articolo dell’American Association for the Advancement of Science pubblicato in questi giorni, sono gli esperti dell’Università di Amsterdam, che propongono emendamenti all’esame della Commissione europea per modificare l’interpretazione della regolamentazione sul controllo dei dati. “Crediamo sia opportuno rivalutare le recenti linee guida – sostiene Jasper Bovenberg, dell’Università di Amsterdam – specialmente in relazione a COVID-19. Le attuali interpretazioni del GDPR in alcuni casi considerano dati personali alcune informazioni fondamentali legate alla ricerca biomedica”.
Scopo dello strumento di controllo noto come GDPR è quello di tutelare gli interessi degli individui legati alla privacy. “Deve esistere un equilibrio – continua l’esperto – tra la privacy di un individuo e il vantaggio per la società, specialmente in caso di ricerche scientifiche. Le recenti linee guida mancano di urgenza e non considerano il bene pubblico”.
“Riteniamo che le nostre raccomandazioni – conclude Bovenberg – potranno aiutare a invertire gli effetti e le conseguenze generati dall’attuale approccio, consentendo alla comunità di ricerca di condividere dati anche se oltre i confini dell’UE e garantendo al contempo un alto livello di protezione per i soggetti interessati”.