Mentre russi e cinesi hanno già cominciato a somministrare i propri vaccini a quote rilevanti della loro popolazione, senza ancora aver ultimate le sperimentazioni grazie a una particolare procedura di emergenza riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della Sanità, soprattutto negli Stati Uniti si attende la fine della sperimentazione clinica sull’uomo. 9 i candidati vaccini che sono alla fase finale – di Emanuele Perugini per Osservatorio Covid-19
Per la prima volta, dall’inizio della pandemia, il numero dei vaccini in fase di sviluppo nel mondo è rimasto invariato rispetto alla settimana precedente. Secondo il Milken Institute di Pasadena, sono infatti 213 i candidati vaccini in via di sviluppo, ma solo 35 sono quelli che sono passati alla fase di sperimentazione clinica sull’uomo, mentre 9 sono quelli che hanno già raggiunto la fase III della sperimentazione, quella cioè che porta al definitivo via libera da parte delle autorità sanitarie dei diversi Paesi.
Della pattuglia dei 9 candidati vaccini in fase finale di sperimentazione fanno parte il vaccino sviluppato dallo Jenner Institute della Oxford University e Astrazeneca che si basa su un vettore virale non replicante; i 3 vaccini cinesi a virus inattivato (quello prodotto da Sinovac insieme al brasiliano Butantan Institute e i due prodotti da Sinopharm con il Wuhan Institute e il Bejing Institute); il vaccino statunitense prodotto da Moderna, che si basa su RNA, ed infine quello prodotto in Russia dal Gamaleya Insitute simile invece a quello di AstraZeneca. Si basano sempre su un vettore virale non replicante anche altri 2 vaccini in fase finale di sperimentazione: il cinese Cansino e l’americano prodotto da Janssen. Chiude la pattuglia il tedesco Biontech che invece è un vaccino sperimentale a RNA.
Mentre russi e cinesi hanno già cominciato a somministrare i propri vaccini a quote rilevanti della loro popolazione, senza ancora aver ultimate le sperimentazioni grazie a una particolare procedura di emergenza riconosciuta, almeno per la Cina, dall’Organizzazione mondiale della Sanità, negli altri Paesi, soprattutto negli Stati Uniti si attende la fine della sperimentazione clinica sull’uomo. Anzi, sono sempre più numerose le voci che cercano di respingere le pressioni che arrivano dalla politica Usa che si trova in queste settimane cruciali ad affrontare la campagna elettorale per le Presidenziali.
“Qualunque vaccino la Food and Drug Administration (FDA) americana approverà per la sua diffusione – ha spiegato Francis Collins, direttore del National Institutes of Health (NIH) nel corso di un incontro organizzato dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e dall’Università di Washington e ripreso da Science – si baserà su dati convincenti l’efficacia e la sicurezza della procedura immunizzante. Il fronte di scienziati, bioetici e regolatori sarà unito in questa battaglia contro la pandemia”. “La minaccia di interferenze politiche – afferma Kathleen Neuzil, che dirige il Center for Vaccine Development and Global Health presso la School of Medicine dell’Università del Maryland – ha contribuito a creare un clima di sfiducia e confusione nella popolazione, e i sondaggi mostrano che il pubblico statunitense è sempre più riluttante nei confronti di un vaccino contro COVID-19, anche in caso di approvazione da parte della FDA”.
“Garantire che i vaccini COVID-19 attraversino un solido processo di approvazione – commenta Chris Beyrer, epidemiologo presso la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health – potrebbe alimentare la fiducia nelle procedure, ed è una delle questioni più importanti della pandemia. Per questo non possiamo lasciare che le pressioni politiche influenzino l’affidabilità del vaccino”. A testimoniare che le procedure sperimentali negli USA vengano rigorosamente rispettate è la storia del vaccino di AstraZeneca. Nonostante in molti Paesi le sperimentazioni siano state riavviate dopo lo stop alla sperimentazione subito lo scorso 6 settembre per via di un sospetto caso grave tra le persone sottoposte a vaccinazione, negli USA, la Food and Drug Administration sta ancora valutando il dossier per decidere se autorizzare nuovamente la sperimentazione.
Se negli Stati Uniti la questione sembra destinata a proseguire – la stessa multinazionale avrebbe detto agli analisti di aspettarsi almeno 1 o 2 settimane prima di avere il via libera dalla FDA, secondo Guggenheim Securities – nel Regno Unito alcune indiscrezioni trapelate alla stampa, sembrerebbero indicare che il Governo di Sua Maestà si stia avviando a usare questo vaccino per lanciare una campagna di vaccinazione di massa già entro il prossimo Natale, prima cioè della fine dell’anno. La stampa britannica ha diffuso in questi giorni un piano del National Health Service (NHS). Il vaccino messo a punto dall’Università di Oxford richiede 2 iniezioni a 28 giorni di distanza, il che significa che la sfida logistica affrontata dal governo è complicata, per cui le autorità avrebbero già elaborato un piano considerando che somministrare 2 dosi di un vaccino a 53 milioni di adulti nel periodo di 6 mesi richiederebbe 600.000 visite al giorno.
Le proposte, trapelate al The Sun, suggeriscono anche che gli operatori sanitari, tra cui pure veterinari, dietologi e podologi, sarebbero coinvolti nella somministrazione delle dosi al pubblico. I primi ad essere sottoposti a vaccinazione, secondo il piano dell’NHS saranno i residenti e il personale delle case di cura. Seguono gli over 80 e il personale del NHS, seguiti da tutti gli over 65, i giovani adulti a rischio più elevato e gli over 50. Ad alcuni gestori di case di cura è stato chiesto il mese scorso un elenco del personale idoneo in prima linea. Lunedì il capo della task force sui vaccini del paese Kate Bingham ha dichiarato che meno della metà della Gran Bretagna verrà vaccinata contro il Covid-19. La Bingham ha detto: “Dobbiamo solo vaccinare tutti coloro che sono a rischio”, rivelando che nessuno di età inferiore ai 18 anni riceverà una dose. La scorsa settimana un rapporto della Royal Society ha avvertito che ci sarebbero state sfide significative nella distribuzione e produzione del vaccino su così vasta scala. Nilay Shah, capo del dipartimento di ingegneria chimica dell’Imperial College di Londra e coautore del rapporto, ha dichiarato: “Anche quando il vaccino sarà disponibile, non significa che entro un mese tutti saranno vaccinati”.