Recovery plan. Le voci di Mmg e società di telemedicina

  • da Doctor33.it – “Il Servizio sanitario nazionale e i servizi sociali si integreranno con i temi ambientali: l’approccio “one health” guiderà interventi di rinforzo delle infrastrutture inerenti all’Igiene pubblica per la risposta alle emergenze, come lo studio di produzione e sicurezza degli alimenti. Il Ministro della Salute Roberto Speranza si sofferma anche su uso dei big data e riforma della medicina territoriale. All’Italia serve una centrale di calcolo in grado di elaborare la grande messe di dati generata dal Ssn per ricavare informazioni destinate anche al varo di modelli predittivi “per prendere decisioni da cui dipende la vita di tutti”. Sul territorio, è prioritario rafforzare le cure domiciliari specie per cronici, disabili e affetti da patologie rare. Le Case di comunità offriranno sia visite ed esami sia risposte a soggetti a rischio sociale, violenza domestica o depressione. Servono, conclude Speranza, investimenti ed un programma straordinario triennale di ricerca finalizzata su temi emergenti”.

Un anno e mezzo fa il numero di fascicoli sanitari online attivati era di poco superiore ai 12 milioni ma oggi siamo a 32 milioni, più della metà degli italiani. Il fascicolo sanitario elettronico, che registra l’iter del paziente dal primo accesso alla rete di assistenza, contribuirà alla rivoluzione sul territorio. Ne parla il ministro della Salute Roberto Speranza, alle Camere, evocando una “transizione sanitaria” in arrivo insieme alla “transizione ecologica” con il Recovery Plan. Il Servizio sanitario nazionale e i servizi sociali si integreranno con i temi ambientali: l’approccio “one health” guiderà interventi di rinforzo delle infrastrutture inerenti all’Igiene pubblica per la risposta alle emergenze, come lo studio di produzione e sicurezza degli alimenti. Speranza si sofferma anche su uso dei big data e riforma della medicina territoriale. All’Italia serve una centrale di calcolo in grado di elaborare la grande messe di dati generata dal Ssn per ricavare informazioni destinate anche al varo di modelli predittivi “per prendere decisioni da cui dipende la vita di tutti”. Sul territorio, è prioritario rafforzare le cure domiciliari specie per cronici, disabili e affetti da patologie rare. Le Case di comunità offriranno sia visite ed esami sia risposte a soggetti a rischio sociale, violenza domestica o depressione. Servono, conclude Speranza, investimenti ed un programma straordinario triennale di ricerca finalizzata su temi emergenti.

Sul “Piano di Ripresa e Resilienza” secondo Speranza abbiamo chiesto un commento a un esperto di tecnologia, il presidente della Società italiana di telemedicina Antonio Vittorino Gaddi, ed a Vittorio Boscherini past secretary della Fimmg in Toscana ed artefice delle prime aggregazioni funzionali territoriali realizzate. La disamina di Gaddi parte dal Fse, «fondamentale in quanto, come tutti gli strumenti di gestione delle informazioni sanitarie, condiziona nel bene e nel male gli esiti degli interventi sulla salute. Va migliorato da una ristrutturazione profonda, quella suggerita nel volume del gruppo di studio Sit-Cnr-Lavse ‘Verso il Fascicolo sanitario elettronico’ del 2014. I risultati pratici dipenderanno non dal numero di Fse attivati, ma dai loro contenuti e dall’uso che se ne farà. Con le conoscenze attuali è possibile progettare un Fascicolo realmente utile ai cittadini e al personale sanitario. Sui “big data” urge portare avanti il progetto DIHs (Digital Innovation Hubs in Europe) creando potenti centrali di calcolo». Sit avverte che «per trasferire i risultati al Ssn e avere ricadute pratiche sulla popolazione non bastano i supercomputer: si devono disegnare le diverse architetture necessarie (descritte su eHealth, Care and Quality of life del 2014 e New perspectives in medical records del 2017, editi da Springer). In particolare, quelle sulla salute e sull’uomo, non mutuabili da altre nate per diverse finalità, se ben disegnate potranno portare benefici nei prossimi anni. È un percorso lungo che non si risolve solo investendo su un hardware, ma su scienza e ricerca. Quest’ultima permea tutti i punti trattati, è condicio sine qua non. Dalla entità delle risorse rese disponibili si capirà il valore reale che i Governi danno alla ricerca. Finora, specie nella telemedicina contro il Covid, gli investimenti sono stati molto modesti».
Prezioso e utile per Sit è l’approccio one health «come ogni azione tesa a fare sistema, riallineare e rendere sinergiche le forze in campo». Sul territorio «è fondamentale bilanciare tutte le forze impegnate contro la pandemia, armonizzate anche attraverso la prospettiva della sanità pubblica, mirando a interventi razionali e cercando di colpire i fattori comuni a plurime patologie», dice Gaddi. Che però avverte: «La creazione di altre strutture, anche fisiche, con attribuzione a nuove figure di ulteriori funzioni in campo sanitario, comporta il rischio di rendere non solo più complesso ma più complicato il Servizio sanitario pubblico, con ulteriore burocratizzazione e spese ingenti». Sit ritiene che la cura a casa dei pazienti Covid e di tutte le cronicità sia il passo chiave, «attuabile integrando territorio e ospedale secondo il concetto del virtual hospital, una rete federata che permetta la circolazione e condivisione delle informazioni, incluse quelle provenienti da sistemi di telemedicina. Queste soluzioni, oltre che più efficienti e di più facile e rapida attuazione, consentiranno anche di migliorare i Fse. Esistono già in Italia esempi applicativi che dimostrano l’alta efficacia (anche in termini di outcome) dell’armonizzazione attorno alla medicina generale e specialistica e all’area tecnico sanitaria di percorsi di salute basati su questi protocolli».

«Da parte della medicina generale nulla osta alle case della comunità se concepite come strumenti a disposizione dei mmg per fare una sanità d’iniziativa, diagnostica e lavorare in team, ma la “casa” non può essere il “soggetto” dove il cittadino si procura le prestazioni: il riferimento resta il professionista», dice Vittorio Boscherini. «Quanto all’ospedale di comunità, che Speranza pure cita, va inteso non come mezzo per incrementare i posti letto low-care, ma come strumento per gestire pazienti che non andrebbero ospedalizzati e tuttavia non sono nemmeno gestibili a casa. La telemedicina infine è ormai medicina a tutti gli effetti: non si può ipotizzare una medicina che faccia a meno di mezzi digitali nei consulti, nelle interazioni mmg-specialisti, nel monitorare i pazienti complessi, fragili, cronici a casa. Vedo meno la telemedicina come strumento per visitare, è utile nel periodo di Covid ma non sostituisce la presenza, la semeiotica rilevata di persona. Il Fse è la memoria storica del paziente, ma va affiancato da strumenti di interazione immediata tra medico di primo livello (o pronto soccorso) e specialista. L’interazione non si fa nel fascicolo che invece può essere molto utile nei percorsi clinici se organizzato dal medico di medicina generale che detiene i dati del paziente. Serve creare le condizioni per creare un “minimum data set”, funzione – nonché compito aggiuntivo – che deve partire dai nostri studi».

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