Governance, pianificazione, territorio e digitalizzazione. È, in sintesi, quanto emerge da una survey sottoposta alla community digitale composta da un campione di 203 rispondenti che coprono l’intera filiera del life science – da AboutPharma online, 9 ottobre
Governance, pianificazione, territorio e digitalizzazione in chiave collaborativa. Sono questi gli elementi strategici su cui puntare per riformare e innovare la sanità italiana. Emergono da una survey sottoposta alla community del Digital health summit 2020, composta da un campione di 203 rispondenti che coprono l’intera filiera del life science (dal servizio sanitario nazionale, all’industria dei dispositivi medici e farmaceutica, dal sistema della ricerca a quello del mondo Ict e della tecnologia).
Nello specifico, le risposte indicano che:
- per il 64% del campione è estremamente importante potenziare la sanità sul territorio, con i giusti strumenti e strutture fuori dagli ospedali
- il 51% pensa sia fondamentale disporre e aggiornare i piani pandemici
- per il 45% è basilare una governance nazionale su aspetti critici come le pandemie, disporre di una struttura di coordinamento a livello centrale che, sulla base di un sistema informatizzato di raccolta dei dati dal territorio sia in grado di attivare piani di emergenza; si evidenzia anche la necessità di strumenti di monitoraggio del territorio, che siano in grado di interpretare i segnali deboli ed emergenti.
Governance e territorio
Governance, pianificazione e territorio sembrano essere le parole chiave apprese con la pandemia. L’accento viene posto dunque sui piani e gli strumenti per monitorare la situazione della salute pubblica, tanto che si ritiene meno strategico, la necessità di sistemi di acquisto più efficaci e l’incremento dei posti di terapia intensiva. La Community ha inoltre spontaneamente segnalato tra le lezioni della pandemia anche l’importanza di una sanità digitale più strutturata e l’importanza delle reti multidisciplinari e collaborative per fare fronte a situazioni per buona parte nuove e sconosciute: la messa a fattore comune di competenze differenti viene ritenuta un plus da coltivare.
Un cuore digitale per la sanità del futuro
Alla luce delle osservazioni raccolte dalla survey, dall’advisory board del Digital health summit, dal sistema dell’offerta dell’Ict emerge come la sanità del futuro, che poggia le fondamenta nel presente perché sin da ora va progettata e realizzata deve risultare come un sistema che si muove in modo armonico e coordinato, in cui il digitale ha un ruolo fondamentale, ne rappresenta il tessuto cerebrale e nervoso.
“La nuova normalità dovrà essere sempre più digitale. A partire, nell’area della salute, dai servizi di telemedicina, quelli a maggiore impatto sulla prevenzione e sulla gestione delle malattie croniche, grazie ai quali potremo “connettere” la sanità con il paziente. Per integrare l’assistenza territoriale con quella ospedaliera e la ricerca con l’innovazione e lo sviluppo farmaceutico.”, ha dichiarato Massimo Scaccabarozzi, presindente di Farmindustria.
“La sanità del futuro sarà il risultato di un lavoro di squadra dove scienza, istituzioni e industria avranno saputo ascoltarsi, collaborare e realizzare azioni concrete. La rinascita del nostro servizio sanitario sarà il motore della rinascita del Paese”, ha aggiunto Fernanda Gellona, direttore generale Confindustria dispositivi medici.
L’emergenza Covid-19 ha messo in luce ancora una volta il ruolo chiave della biotecnologia, dalla sequenziazione del genoma del virus alla diagnostica, dalla messa a punto del vaccino alla ricerca di una terapia mirata: non dobbiamo disperdere questa lezione e anzi sfruttare quello che abbiamo imparato e le risorse che presto arriveranno dall’Europa per far giocare al Paese un ruolo chiave nell’area delle scienze della vita”, ha proseguito Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec.
Big data e hub nazionale
NetConsulting cube ipotizza un cuore centrale, un big data hub nazionale, alimentato da dati anagrafici, amministrativi, di spesa farmaceutica, di struttura, dati socio sanitari, clinici e ambientali provenienti da tutto il sistema. Il Big data hub inoltre prevede una componente, opportunamente anonimizzata di informazioni che compongono l’Open data hub a disposizione per l’ecosistema innovativo di startup, provider, università per fare open innovation.
Gli output di questo big data hub sono di diverso tipo a seconda dell’attore del sistema che vi accede (Ministero ed enti centrali, regioni, sistema della ricerca…) e possono ad esempio alimentare sistemi complessivi di population health management per attuare politiche di programmazione sanitaria o di Electronic health record dei singoli cittadini, oltre a essere da base per analisi predittive di diverso tipo.
Alla base del sistema le informazioni devono circolare tra i vari soggetti, attraverso l’integrazione dei sistemi basati sugli standard di interoperabilità del settore, del cloud, e protetti da sistemi di business continuity e sistemi di sicurezza e cybersecurity.
Territorialità e interconnessione
La sanità territoriale deve realmente arrivare fino al cittadino, e interconnettere tutti gli attori del sistema, anche in questo caso viene in soccorso il digitale, attraverso la telemedicina, l’IoT, il 5G. Risulta evidente che nel progettare la sanità territoriale i processi vanno pensati già in logica digitale, ad esempio privilegiando la telemedicina per la gestione dei pazienti fragili o il teleconsulto per integrare i medici di medicina generale con quelli specialistici.
Supply chain e mercato digitale
Due elementi trasversali a tutto il sistema sono una supply chain funzionante e sburocratizzata che premi la qualità delle soluzioni e sia coerente con gli obiettivi del sistema e il principio della Value based healthcare diffusa a tutti i livelli, dove quindi a ogni prestazione corrisponde il valore espresso rispetto al paziente tramite un costo e un esito tracciati.
Il mercato della sanità digitale nel 2019 sfiora gli 1,8 miliardi di euro e nel 2020 i dati di preconsuntivo raccontano un lieve incremento (2,3%) a causa dell’accelerazione di alcuni progetti a causa del covid19 (ad esempio i progetti di dematerializzazione della cartella clinica), mentre altri sono avviati (integrazione dei nuovi dispositivi medicali, nuove reti per i nuovi reparti covid-19, l’abilitazione dello smart working), anche a livello regionale si è assistito a progetti e gare su sistemi di monitoraggio epidemiologico o per lo sviluppo di sistemi di telemedicina.
La spesa digitale
La spesa tuttavia è ancora drenata per la maggior parte (80%) dalla componente manutentiva legata al running di un parco applicativo mediamente molto obsoleto, che non lascia spazio a nuovi progetti.
Allargando lo sguardo lungo la filiera al mercato dei dispositivi medicali, secondo Confindustria dispositivi medici questo vale 11,4 miliardi di spesa nel mercato domestico, anche questo tuttavia caratterizzato da una estrema obsolescenza e scarsa innovazione del parco installato, basti pensare che oltre il 50% dei ventilatori di terapia intensiva ha un’obsolescenza di oltre 10 anni. Anche in questo caso quindi si pone un tema di qualità del mercato. Sintetizzando si può affermare che la spesa in digitale e dispositivi medici pro capite è pari a circa 220 euro, rispetto a una spesa sanitaria complessiva di 2540 euro. È chiaro come questa spesa deve essere qualitativamente migliore, anche attraverso sistemi di procurement che premino la trasparenza e la qualità e che permettano ad esempio alle aziende ospedaliere di sapere cosa si sta acquistando e di acquistare in base alle proprie esigenze. Una maggiore componente della spesa IT inoltre deve essere destinata a nuovi progetti e all’innovazione con un effetto virtuoso su tutta la spesa attraverso la riduzione della spesa corrente.