Una guida etica per valutare le App di tracciamento

Distribuire app di tracciamento contatti per COVID-19 senza considerare le loro ampie implicazioni etiche e sociali può essere “pericoloso, costoso e inutile”, sostengono quattro esperti di etica digitale in un commento pubblicato su Nature.

 

Le app COVID-19 per la ricerca dei contatti avvisano le persone di essere venute in contatto con qualcuno che “porta con sè” il virus SARS-CoV-2 e suggeriscono loro come rispondere. Sono già in uso, ad esempio, in Australia e Singapore e sono in fase di sviluppo in Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e altri. Tuttavia, Jessica Morley, Josh Cowls, Mariarosaria Taddeo e Luciano Floridi (nella foto di apertura) sostengono che la raccolta di dati personali sensibili rappresenti una potenziale minaccia a privacy, l’uguaglianza e l’equità.

Gli autori hanno formulato 16 domandevv. tabella – a cui i governi e gli sviluppatori di app dovrebbero rispondere per valutare se un’app è eticamente giustificabile. Finora la maggior parte dell’attenzione si è concentrata sulla privacy dei dati, ma gli autori sottolineano anche altre preoccupazioni. Ad esempio, se non tutti possono accedere all’app – ad esempio coloro che non posseggono uno smartphone – la condivisione potrebbe essere troppo bassa per rallentare la diffusione della pandemia e potrebbe invece amplificare le disuguaglianze nella società. Se l’app non riesce, diventa inutile e quindi non etica. Per sovrintendere al suo sviluppo e utilizzo deve essere messo in campo un organismo indipendente. Non ultimo, diversi Paesi hanno vari livelli di alfabetizzazione digitale con la conseguenza di dover valutare diversi impatti.

Anche se le app COVID-19 sono temporanee, l’implementazione rapida delle tecnologie di tracciamento comporta il rischio di creare registrazioni permanenti e vulnerabili degli stati di salute, dei movimenti e delle interazioni sociali delle persone, sulle quali hanno scarso controllo. Distribuendo queste app senza valutare i loro effetti sulla società “non è accettabile”, scrivono. Un approccio “prova tutto”, anche in caso di crisi, è “pericoloso quando ignora i costi reali, compresi i danni gravi e duraturi ai diritti e alle libertà fondamentali”.