6 Domande su COVID-19 a … Pierpaolo Cavallo

Una breve intervista a 6 domande di BDH Newsletter a Pierpaolo Cavallo Professore di Igiene Generale e Applicata, dipartimento di Fisica E.R. Caianiello, Università di Salerno

Professor Cavallo, perché i tamponi non sono stati fatti?

Per varie ragioni: mancanza di laboratori e reagenti ma anche di piani di contingenza che se c’erano erano obsoleti e non collegati alla realità, mancanza di integrazione delle risorse efficaci disponibili, in una parola mancanza della cultura della complessità come elemento centrale di tutti i nostri sistemi e del concetto di sanità pubblica come rete.

Che vuol dire sanità pubblica come rete?

Una rete è un insieme di nodi connessi, ciascun nodo contiene energia, materia o informazione e la scambia con altri nodi per raggiungere un fine che è la ragion d’essere della rete. In Italia la rete della sanità pubblica è intesa come la rete delle strutture a gestione pubblica, non di tutte le strutture che erogano il servizio di pubblico interesse. Abbiamo la sanità, e non solo quella, basata su ideologie e pretese superiorità morali, che non risolvono alcun problema. Anzi, fanno solo male a tutti. Per capirci meglio: la sanità pubblica in altri paesi è una rete progettata e gestita per svolgere un compito: i nodi possono essere a capitale pubblico o privato, anche non profit, ma lavorano assieme per garantire prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione. Qui da noi, no.

Quale è il ruolo del privato nella sanità pubblica?

Bisogna capirsi su due cose. Primo: che si intende per privato? Se si vuole fare esistere il privato in sanità solo come libera impresa, si può fare in un giorno: togliere l’accreditamento a tutti. Solo che poi il sistema pubblico collasserebbe in poche settimane in moltissime regioni italiane. Secondo: il privato accreditato in sanità che ruolo deve avere? In Italia pubblico e privato debbono essere entrambe accreditati per poter lavorare per conto del SSN, rispettando gli stessi requisiti e garantendo la stessa qualità: se si vogliono attribuire pesi diversi, allora si torna alla rete ideologizzata. In sintesi: qui in Italia si ragiona sempre su una cesura verticale, dia un lato il pubblico e dall’altro il privato. Altrove si fa la cesura sul piano orizzontale: sopra chi lavora bene, sotto chi lavora male; e si premiano merito, competenze, risultati a prescindere dalla bandiera e dall’ideologia. Beati loro…

Si ma che c’entrano in tutto questo i tamponi?

C’entrano eccome. Se si fosse fatta da subito la scelta di attivare l’intera rete delle strutture capaci di erogare le prestazioni diagnostiche avanzate come il tampone, ma anche i test sierologici, la risposta sarebbe stata “di rete”, integrata in tutta Italia o quanto meno in molte regioni. Invece abbiamo ideologizzato anche l’emergenza COVID. Con le relative conseguenze.

E perché c’è stata eterogeneità tanto evidente nella raccolta dati al punto di essere quasi incomparabili?

Per la stessa ragione: non si è scelto di fare rete, e, per giunta, non si è fatta rete nemmeno tra strutture pubbliche di differenti aree o competenze. Due esempi. Primo: la pubblicazione dei dati. Da regione a regione hanno usato criteri differenti, e la scelta dei criteri è stata su base politica, non per esigenze epidemiologiche. Secondo: la campagna dei test sierologici di Protezione Civile e Croce Rossa. Sono partiti con un mese di ritardo per via del Garante della Privacy. E scommettiamo che a campagna finita i dati dettagliati, quelli sui quali si può fare analisi e dai quali tirare fuori informazioni importanti anche se anonimizzati a norma di privacy, non saranno resi disponibili ai ricercatori?

Va bene. Ma allora come dovrebbe essere garantito il servizio pubblico?

Ci dobbiamo capire su due definizioni: sistema sanitario e servizio sanitario: il sistema è un insieme di entità, il servizio è un insieme di processi. Sulle entità si può decidere se le si vuole a capitale pubblico, misto, privato, for profit o non profit, e questa è una scelta politica. Sui processi no, non si può scegliere: o li si fa efficaci e no. Efficace è “risolvo il problema” o, se vuole, “ottengo il risultato utile”. Ottenuti processi efficaci, si può scegliere come farli efficienti. Efficiente vuol dire “uso bene le risorse”, e infine si può scegliere come farli economici, cioè, a parità di uso efficiente delle risorse, vedo di spendere meno. Il pubblico quando gestisce è intrinsecamente inefficiente, perché non ha controllo e non ha una reale responsabilizzazione: basta guardare magistratura, ministeri, INPS, enti locali, società partecipate e quant’altro. E vedremo, quando saranno nazionalizzate Alitalia, ILVA e Autostrade, quanto la sanità del dopo-COVID sarà condizionata da queste scelte.