- di Giorgio Merli da FortuneHealth – “I dati sanitari sono sicuramente i più sensibili. Le attuali maggiori applicazioni delle tecnologie digitali nell’Heath-Pharma riguardano la ricerca di nuovi farmaci, la gestione dei trial, la telemedicina, i servizi sanitari. La pandemia ha invece accelerato la necessità di applicazioni di tecnologie per il tracciamento delle persone (tema affrontato con grandi problemi e resistenze durante la pandemia Covid, per i connessi risvolti di tutela della privacy)”.
La pandemia Covid ha impattato fortemente sul mondo sanitario e farmaceutico. Ha prodotto modificazioni importanti nel rapporto con le persone e i pazienti, nelle organizzazioni sanitarie, nella catena farmaceutica e persino nei modelli di business. Tali modificazioni hanno reso necessario il ricorso a tecnologie digitali per il tracciamento e monitoraggio del contagio, per la comprensione ecosistemica del fenomeno pandemico e per la gestione delle diagnosi e delle terapie.
In realtà spesso ci si è trovati di fronte ad una certa impreparazione a riguardo, nel senso che ci si è resi conto che non siamo stati in grado di utilizzare queste tecnologie compiutamente. Ci si è però resi conto di quanto esse siano indispensabili e comunque si è attivato a riguardo un processo di accelerazione irreversibile. Piattaforme di Intelligenza artificiale sono state usate per capire dove e come è nato il contagio (coinvolgendo anche aspetti geo-politici) e per sviluppare nuovi vaccini.
Tecnologie di telemedicina sono state usate per gestire diagnosi e terapie in remoto. Negli Usa il ricorso alla telemedicina da parte dei cittadini/pazienti è passato dall’11% del 2019 all’attuale 46% (fonte McKinsey), riducendo drasticamente le visite mediche “in presenza”. Il business Usa della telemedicina, pari a 3 miliardi di dollari prima della pandemia, viene ora stimato in 250 miliardi di dollari. Tutto ciò fa intuire come l’Health-Pharma stia diventando un settore (e quindi anche un business) sempre più dipendente dalle nuove tecnologie. Esse, oltre a dimostrarsi capaci di far gestire in modo più veloce, più integrato e più efficiente gli attuali processi del sistema sanitario, stanno già abilitando nuovi prodotti/servizi e nuovi modelli di business.
Le aziende farmaceutiche stanno vivendo forti cambiamenti nella loro catena di distribuzione, dove sono già potentemente entrati anche player non tradizionali (sia di tipo trasversale che provenienti da altre industry). Sta inoltre decisamente cambiando il rapporto con i clienti/pazienti finali. Esso, grazie alle tecnologie digitali, sta diventando più diretto, disintermediando i dealer e/o le farmacie (ordini diretti on-line). Ciò si riflette sulle catene del valore e sulle strutture societarie, attivando nuove configurazioni.
Esempi americani in tale direzione sono l’acquisizione da parte di Amazon di PillPack (farmacia on-line) e quella da parte di UnitedHealth Group (società di assistenza sanitaria) di DivvyDose (gestione integrata delle prescrizioni mediche).
E’ in atto una forte convergenza tra il mondo farmaceutico e il mondo sanità, area in cui stanno sviluppandosi velocemente nuovi business abilitati dalle tecnologie digitali (telemedicina, assistenza domiciliare, ecc..). Un emergente “mondo di mezzo” (tra sanità e aziende farmaceutiche), in cui la parte del leone sembrano farla le aziende farmaceutiche (essendo più orientate al business rispetto alle organizzazioni pubbliche e sanitarie, e quindi più pronte a cogliere tale opportunità). Ma stanno entrando anche aziende di servizi e aziende tecnologiche prima estranee al settore.
Nel mondo puramente farmaceutico Covid-19 ha accelerato i cambiamenti già in atto nelle modalità di prescrizione dei farmaci (tele-prescrizioni) e nella loro distribuzione (ordini via web con consegna a casa). Nella sanità si sono attivate nuove modalità nella gestione delle visite e delle terapie (via web e social), con sviluppo delle attività domiciliari rispetto a quelle ospedaliere (“home first” model).
Sono in corso cambiamenti anche nelle organizzazioni che finanziano l’assistenza e le cure mediche (i ”Payers”), in particolare nelle assicurazioni e negli erogatori di benefit sanitari per il personale delle aziende. I fornitori di tecnologie stanno sviluppando sistemi che abilitano tali gestioni integrate (monitoraggio, terapie e prescrizioni.. con pazienti a casa). Ciò presuppone e comporta la possibilità di accesso a una grande mole di dati e l’adozione di sistemi di analisi sofisticati (“data analitycs”) con grande ricorso al Npl (Natural Language Processing), cioè all’analisi semantica delle informazioni presenti in internet e nei documenti. Quanto sopra è coerente e sinergico con le evoluzioni in atto anche nel mondo dei farmaci, che saranno sempre più “personalizzati”, “precisi” e per “prevenzione” (“le 3P”).
Tali integrazioni/convergenze in atto sono il motivo delle numerose acquisizioni e fusioni tra aziende complementari di questi due mondi (Health e Pharma) che vediamo realizzarsi in questo periodo.
Il contesto della gestione dei dati sanitari è però attualmente alquanto delicato. Le violazioni dei dati sanitari stanno aumentando esponenzialmente anno dopo anno. Tali dati sono molto preziosi sul “mercato nero” del Dark Web. Gli hackers riescono ad appropriarsi illegalmente dei dati di milioni di pazienti per rivenderli a chi non ha motivazioni sanitarie, ma di business più o meno legale. Una pratica diffusa è anche quella di chiedere un riscatto all’ente cui i dati sono stati rubati per la non diffusione degli stessi. Il fenomeno è molto più diffuso di quanto si creda. Le organizzazioni cercano di tenere nascosti tali eventi per non rischiare discredito.
Secondo un rapporto “Trustwave”, un singolo dato personale sanitario può essere venduto nel mercato nero a 250 dollari, rispetto ai 5.4 dollari per un dato di transazione fatta con carta di credito. Sono questi i motivi della necessità di adozione di sofisticati sistemi di Cybersecurity (preventiva, difensiva, investigativa, riparatoria, ecc..) e di protezione della proprietà dei dati (Data Ownership). Questi problemi riguardano in effetti tutti i business basati sui nostri dati.
E’ questo il contesto che impone che gli sviluppi di business digitale si basino sulla capacità di integrazione di Intelligenza artificiale, Data Management, Blockchain, con ampio ricorso a tecnologie di Cybersecurity. Ne va della loro sostenibilità. Il problema, come già detto, è simile per i dati della mobilità, dei servizi delle Smart City, delle telecomunicazioni, dell’e-commerce, ecc.
I dati sanitari sono però sicuramente più sensibili. Le attuali maggiori applicazioni delle tecnologie digitali nell’Heath-Pharma riguardano la ricerca di nuovi farmaci, la gestione dei trial, la telemedicina, i servizi sanitari. La pandemia ha invece accelerato la necessità di applicazioni di tecnologie per il tracciamento delle persone (tema affrontato con grandi problemi e resistenze durante la pandemia Covid, per i connessi risvolti di tutela della privacy).
Le maggiori opportunità di sviluppo di nuove applicazioni risiedono comunque nelle nuove enormi potenzialità offerte dall’Intelligenza artificiale e dalle piattaforme di gestione dei Big Data (in questo caso, come anticipato, opportunità, ma anche problemi). Nell’area dell’Intelligenza artificiale, le piattaforme disponibili cominciano essere numerose ed è in atto uno spostamento verso quelle più sofisticate, cioè non basate solo su Key words ma su analisi semantiche e con algoritmi cosiddetti “explainable” (cioè che rendano evidente e tracciabile il come giungono al risultato fornito).
Come dicevo occorre poi però che i dati, ad esempio quelli di tracciamento e quelli di telemedicina estratti e interpretati dai sistemi Npl, siano adeguatamente protetti. Anzi dovrebbero essere di fatto gestiti dal cliente/paziente che li ha generati (è lui che dovrebbe concedere il permesso del loro utilizzo a chi ritiene utile). Questa prerogativa è quella prevista dalla Gdpr europea nelle sue ultime direttive (Commissione Ue, 19/2/2020 COM-2020- 66 def.).
Essa presuppone di fatto la possibilità da parte dei cittadini di poter tenere criptati e non visibili a terzi i propri dati sensibili senza la loro autorizzazione. Si prevede che tale autorizzazione potrebbe essere regolata attraverso l’utilizzo di “smart contract” (in blockchain), che impegnino legalmente le parti sulla riservatezza dei dati. Mentre le blockchain sono oramai consolidate nelle loro tecnologia e funzionamento, non altrettanto si può dire della possibilità di poter tenere “non leggibili” i dati se non esiste il permesso da parte del proprietario. Tale possibilità va abilitata da sistemi che sappiano garantire la criptazione del dato alla fonte, con possibilità di de-criptazione da parte solo degli stakeholders autorizzati dal proprietario (con la sottoscrizione degli smart contract).
Si tratta di un meccanismo di “grant-revoke” (permesso-revoca), gestibile solamente dal proprietario dei dati. A tutt’oggi esistono poche tecnologie capaci di farlo (ma esistono). Purtroppo il loro sviluppo è frenato dai grandi player dell’e-commerce e dei social, per i quali l’elaborazione dei nostri dati e la loro vendita è oggi probabilmente il maggior business (sembra che attualmente questo business valga 430 miliardi di euro solo in Europa e che sara’ pari a 11 trilioni di dollari a livello globale entro pochi anni). Ma ciò è quanto la Gdpr prevede, quindi in qualche modo si dovrà andare in tale direzione.