- di Barbara Erba da Superando.it 14 giugno 2021 – “I “Big Data” in medicina (“grandi masse di dati”) sono una delle nuove frontiere della scienza, che possono far compiere importanti passi avanti nella conoscenza e nella cura delle malattie, anche per quelle di causa tuttora sconosciuta, come la sclerosi multipla, suggerendo nuove strade per studi futuri. Questo tipo di approccio, ad esempio, è stato seguito in un recente lavoro europeo guidato dall’Università di Firenze, che ha coinvolto e condiviso un’enorme mole di dati molecolari con gruppi di ricerca francesi, inglesi, norvegesi e italiani”.
I Big Data* nella medicina sono una delle nuove frontiere della scienza, che possono far compiere importanti passi avanti nella conoscenza e nella cura delle malattie, anche per quelle di causa tuttora sconosciuta, come la sclerosi multipla. Questo tipo di approccio, ad esempio, è stato seguito in un recente studio europeo guidato dall’Università di Firenze e pubblicato su «EBiomedicine» (edito da «The Lancet»), che ha coinvolto e condiviso un’enorme mole di dati molecolari con gruppi di ricerca francesi, inglesi, norvegesi e italiani (TCR repertoire diversity in Multiple Sclerosis: high-dimensional bioinformatics analysis of sequences from brain, cerebrospinal fluid and peripheral blood, disponibile a questo link).
«Un ruolo fondamentale nella sclerosi multipla – spiega Clara Ballerini, docente di Patologia Generale all’Università di Firenze e coordinatrice del lavoro insieme ad Andreas Lossius dell’Università norvegese di Oslo – che come noto è una malattia cronica infiammatoria del sistema nervoso centrale a base autoimmune, è svolto dai linfociti T autoreattivi che, filtrati dalla barriera ematoencefalica, circolano fra sangue periferico, liquido cefalorachidiano e cervello, luogo dove nella patologia orchestrano e determinano il danno al tessuto nervoso».
L’attuale scienza medica, dunque, è consapevole che i linfociti T di un organismo, grazie allo sviluppo delle tecniche di sequenziamento, possono essere studiati tramite l’assetto molecolare del loro recettore (recettore dei linfociti T o TCR), molecola altamente variabile e pilastro della nostra capacità di difesa da molteplici patogeni, anche sconosciuti.
Ad oggi lo studio di questo recettore, presente mediamente in ciascuno di noi con più di un miliardo di molecole diverse, si è scontrato con un limite: i pochi campioni analizzati nei singoli studi condotti su liquido cefalorachidiano e l’assenza di una analisi statistica condivisa.
«A tale problema – sottolinea Ballerini, che è stata coadiuvata in primo luogo da Roberta Amoriello, giovane ricercatrice del Laboratorio di Neuroimmunologia del Dipartimento Fiorentino di Medicina Sperimentale e Clinica ,. ovvia ora il nostro studio su “EBiomedicine”: abbiamo realizzato infatti una collaborazione con più laboratori europei, che ci ha permesso di costruire un unico database con più di 240 milioni di sequenze, discusse e analizzate insieme a un gruppo di bioinformatici dell’Università di Oslo, creando un ponte fra il dato molecolare, la funzione biologica del recettore e la malattia».
«La nostra analisi – conclude -, alla quale ha contribuito la FISM (Fondazione Italiana Sclerosi Multipla che opera a fianco dell’AISM-Associazione Italiana Sclerosi Multipla) – ha fornito una caratterizzazione completa delle diverse dimensioni che costituiscono il repertorio TCR nella sclerosi multipla e della variabilità di queste dimensioni nei tessuti studiati, suggerendo una strada anche per gli studi futuri».
Da ricordare, in conclusione, che al lavoro hanno contribuito tra gli altri anche il Dipartimento fiorentino Neurofarba (Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino) e l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi.