- di Lorenzo Ruffino, da YouTrend 14 gennaio 2021 – “Per determinare il colore della regione bisogna mettere insieme l’incidenza dei casi, l’indice Rt e il rischio. Ci sono 24 combinazioni possibili che portano a determinare i quattro colori. Una regione passa a un colore più grave appena il monitoraggio indica il peggioramento della situazione, mentre il passaggio a un colore migliore è più complesso. Serve che siano passati almeno 14 giorni dal precedente cambio di colore e che per tre monitoraggi consecutivi sia indicato un colore ipotetico migliore di quello assegnato. Non si può inoltre scendere di più di un colore alla volta e i 14 giorni sono riducibili a discrezione della cabina di regia a 7”
Il governo italiano, a fronte del peggioramento della situazione epidemiologica, ha modificato il precedente sistema di attribuzione dei colori alle regioni in base al quale determinare la tipologia di restrizioni. Il nuovo sistema mette insieme l’analisi del rischio, l’indice di riproduzione effettiva Rt e l’incidenza settimanale: sulla base di questi indicatori, ogni venerdì la cabina di regia del Ministero della Salute attribuisce il colore alla regione e le rispettive restrizioni.
In questo articolo guarderemo prima l’analisi del rischio, l’elemento fondamentale e più complesso del monitoraggio, poi la determinazione dello scenario in base a Rt e infine le combinazioni tra i vari elementi.
L’analisi del rischio
L’analisi del rischio è basata sulla probabilità della diffusione del Sars-Cov-2 nel territorio e sull’impatto che avrà su ospedali e soggetti a rischio. A fine aprile il Ministero della Salute con un decreto ministeriale ideò una serie di criteri e due algoritmi con cui arrivare a concludere qual era la situazione a livello regionale: bisogna dunque rispondere a delle domande e a seconda della risposta data muoversi di conseguenza.
Partiamo dalla probabilità. La prima domanda che ci si pone è se si siano registrati nuovi casi negli ultimi cinque giorni. Se la risposta è no, allora la probabilità di diffusione è “molto bassa”. Se invece la risposta è sì, si passa alla seconda domanda: vi è evidenza di un aumento della trasmissione? Se la risposta è no, la probabilità è “bassa”, mentre se la risposta è sì si va alla terza domanda: vi è evidenza che la trasmissione non sia gestibile con misure locali? In caso di risposta negativa, corrispondente a una situazione che si può ancora controllare, si ha una probabilità “moderata”, altrimenti è considerata “alta”.
Passiamo ora all’impatto. La prima domanda è se vi sia un aumento dei casi negli ultimi 5 giorni tra gli over 50. In caso di risposta negativa l’impatto è “molto basso”, mentre se è positiva si passa alla seconda domanda: i servizi sanitari sono in sovraccarico? Se no, l’impatto è “basso”, altrimenti si va alla domanda tre: vi sono evidenze di nuovi focolai nelle case di riposo o negli ospedali o in luoghi con popolazione anziana? In caso di risposta negativa l’impatto è “moderato”, in alternativa “alto”.
Come si combinano probabilità e impatto per definire il rischio? Dopo aver risposto alla precedenti domande si ha infatti un livello di impatto e uno di probabilità: il Ministero della Salute ha quindi definito una matrice (vedere la tabella qui sotto) che combina le due analisi, restituendoci il livello di rischio.
Per essere a rischio “molto alto” bisogna avere una probabilità e un impatto “alto”, mentre per essere a rischio “alto” si deve avere una probabilità “alta” e un impatto “moderato” o viceversa. In tutte le altre situazioni si è a rischio “moderato”, “basso” o “molto basso”.
Quali sono gli indicatori
L’Istituto superiore di sanità (Iss) per rispondere alle domande e valutare il rischio considera 21 indicatori, di cui 16 obbligatori e 5 opzionali.
Il primo gruppo di indicatori obbligatori riguarda la capacità di monitoraggio. Si guardano i seguenti dati:
- Casi sintomatici di cui si conosce la data di inizio dei sintomi (indicatore 1.1);
- Casi con ricovero in ospedale di cui è indicato il giorno di ricovero (1.2);
- Casi entrati in terapia intensiva di cui è indicata la data di trasferimento (1.3);
- Casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza (1.4).
Per tutti questi indicatori la soglia di completezza è del 60%, per cui bisogna conoscere le informazioni di almeno 6 persone ogni 10 affinché il monitoraggio possa funzionare. L’informazione più importante in questo gruppo è la prima, perché la Fondazione Bruno Kesler (FBK), l’ente che calcola Rt per l’Iss, parte dalla data di inizio dei sintomi per calcolare l’indice di riproduzione, in modo da avvicinarsi il più possibile alla vera curva epidemica.
Nel secondo gruppo di indicatori obbligatori si guardano invece trasmissione e tenuta dei servizi sanitari. Gli indicatori sono:
- Casi negli ultimi 14 giorni (3.1);
- Indice Rt (3.2);
- Casi per data di diagnosi e di inizio dei sintomi (3.4);
- Numero di nuovi focolai (3.5);
- Numero di casi non associati a catene di trasmissione note (3.6);
- Tasso di occupazione delle terapie intensive (3.8);
- Tasso di occupazione delle aree mediche rilevanti (3.9).
Le soglie di allerta in questo caso sono varie: il numero di casi deve essere stabile o in calo, Rt inferiore a 1, il trend settimanale dei casi in calo, non deve esserci un aumento dei focolai attivi in particolare negli ospedali o nelle case di riposo e il numero di casi non associati a catene note non deve diminuire (altrimenti è richiesta una valutazione del rischio ad hoc).
Per quanto riguarda i due indicatori legati agli ospedali, la soglia di allarme la si raggiunge se il tasso di occupazione delle terapie intensive è superiore al 30% (tendenzialmente il 60-70% dei posti è già occupato da pazienti ricoverati per altri motivi) o se quello delle aree mediche rilevanti è superiore al 40%. Le aree mediche rilevanti sono la 24 (malattie infettive e tropicali), 26 (medicina generale) e 68 (pneumologia). L’Iss è in particolar modo interessato a stabilire la probabilità che nei trenta giorni successivi vengano superate queste due soglie.
Nel terzo gruppo ci sono gli indicatori obbligatori relativi alla capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti si guardano:
- Tasso di positività sui tamponi (2.1);
- Tempo trascorso tra la data di inizio dei sintomi e la data di diagnosi (2.2);
- Numero di persone destinate al contact tracing (2.4);
- Numero di persone destinate al prelievo dei tamponi (2.5);
- Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica (2.6).
In questo caso si ha un’allerta se:
- Aumento il tasso di positività;
- La mediana del tempo tra la data di inizio dei sintomi e la data di diagnosi è superiore ai 5 giorni;
- I numeri delle persone dedicate alle due attività è ritenuto non adeguato rispetto agli standard europei;
- Il numero di casi con indagine epidemiologica è in aumento rispetto alla settimana precedente.
Infine, ci sono i cinque indicatori opzionali, che non analizzeremo dal momento che non hanno un ruolo attivo nel monitoraggio.
Come si risponde alle domande dei due algoritmi
Partiamo di nuovo dalla probabilità. Per rispondere alla prima domanda (nuovi casi negli ultimi 5 giorni?) si guarda se ci sono nuovi casi negli ultimi 5 giorni. Per la domanda 2 (aumento della trasmissione?) invece si guarda al trend dei casi (indicatore 3.1), al secondo trend dei casi (3.4), al fatto se Rt è sopra 1 (3.2) e al trend dei focolai (3.5). Per rispondere “sì” e passare quindi alla terza domanda serve che ci siano almeno due elementi in peggioramento. Alla terza domanda (trasmissione non gestibile con misure locali?) si risponde invece in modo qualitativo con una valutazione specifica.
Guardiamo ora l’impatto. Alla prima domanda (aumento dei casi negli 5 cinque giorni tra gli over 50?) si guardano i casi sopra i 50 anni negli ultimi 5 giorni, alla seconda domanda (sovraccarico dei servizi sanitari?) gli indicatori 3.8 e 3.9 (sovraccarico terapie intensive e aree mediche) e serve che entrambi siano sotto la soglia per fermarsi e stabilire che l’impatto è basso. Alla terza domanda (focolai in case di riposo o ospedali?) si risponde guardando dove sono stati segnalati i focolai (3.5).
Il rischio può poi essere alzato ulteriormente se vi è la presenza di “resilienze territoriali”, anche se il decreto legge che ha istituto l’analisi del rischio non specifica quante ne servano. Queste vengono identificate in base ai dati degli indicatori 2.1 e 2.6, cioè il tasso di positività e il numero di casi senza indagine epidemiologica. Questi due indicatori infatti ci dicono la pressione che stanno subendo le aziende sanitarie locali nelle attività di contact tracing.
Dopo aver considerato tutto questo è possibile che l’Iss stabilisca che c’è il rischio che al monitoraggio successivo la situazione peggiori. Questo avviene nel caso in cui la probabilità che le occupazioni di terapie intensive e aree mediche superino le soglie di allarme sia superiore al 50% (affinché ci sia il rischio di progressione devono esserlo entrambe). In quel caso il monitoraggio riporterà ad esempio la dicitura “Classificazione complessiva del rischio: moderata ad alto rischio di progressione a rischio alto”.
Gli scenari dipendenti da Rt
Il Ministero della Salute, ad agosto, nel documento “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale” definì quattro scenari dipendenti da Rt:
- Scenario 1, situazione di trasmissione localizzata: Rt inferiore a 1;
- Scenario 2, situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario: Rt tra 1 e 1,25;
- Scenario 3, situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta del sistema sanitario: Rt tra 1,25 e 1,5;
- Scenario 4, situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario: Rt superiore a 1,5.
Va comunque tenuto a mente che in realtà non è Rt a essere importante, bensì il suo intervallo di credibilità (e non confidenza, essendo ricavato da un modello bayesiano). Tutto l’intervallo deve infatti essere compreso o essere superiore alle soglie per far sì che si sia in quello scenario: se ad esempio l’intervallo è 1,24 – 1,30, si rientra nello scenario 2 e non nel 3 essendo l’estremità inferiore sotto 1,25. Questo non è mai stato chiaramente detto, ma è l’unica interpretazione compatibile con il monitoraggio settimanale.
Il ruolo dell’incidenza dei casi
Il Ministero della Salute ha deciso di dare anche un ruolo all’incidenza dei casi: si tratta di una novità introdotta nel monitoraggio solo a gennaio. La soglia è 50 casi settimanali ogni 100.000 abitanti ed è stata scelta perché quando viene superata i servizi sanitari iniziano a mostrare i primi segni di criticità. La soglia di 50 casi per 100.000 abitanti era stata adottata nel corso del 2020 anche dalla Germania, che poi però l’aveva rimossa in quanto tutte le regioni la superavano.
Va tenuto a mente che l’incidenza non è calcolata a partire dai dati diffusi dalla Protezione Civile, ma dal database dell’Iss. I dati sono quindi retrodatati a quando è stato prelevato il tampone che ha rilevato la positività, mentre quelli che vediamo giornalieri si riferiscono a quando il laboratorio ha analizzato il tampone (tra prelievo e analisi possono passare alcuni giorni).
Come si decidono i colori
Come abbiamo detto all’inizio, per determinare il colore della regione bisogna mettere insieme l’incidenza dei, l’indice Rt e il rischio. Ci sono 24 combinazioni possibili che portano a determinare i quattro colori, secondo il seguente schema.
Incidenza minore ai 50 casi ogni 100.000 abitanti:
- Rischio basso
- Scenario 1: bianca
- Scenario 2 o 3 o 4: gialla
- Rischio moderato: gialla (indipendentemente dallo scenario)
- Rischio alto
- Scenario 1 o 2: gialla
- Scenario 3: arancione
- Scenario 4: rossa
Incidenza maggiore ai 50 casi ogni 100.000 abitanti:
- Rischio basso: gialla (indipendentemente dallo scenario)
- Rischio moderato
- Scenario 1: gialla
- Scenario 2: arancione
- Scenario 3 o 4: rossa
- Rischio alto
- Scenario 1 o 2: arancione
- Scenario 3 o 4: rossa
Una regione passa a un colore più grave appena il monitoraggio indica il peggioramento della situazione, mentre il passaggio a un colore migliore è più complesso. Serve che siano passati almeno 14 giorni dal precedente cambio di colore e che per tre monitoraggi consecutivi sia indicato un colore ipotetico migliore di quello assegnato. Non si può inoltre scendere di più di un colore alla volta e i 14 giorni sono riducibili a discrezione della cabina di regia a 7.
Esempio pratico: oggi a una regione viene assegnato il colore rosso perché a rischio alto e con Rt superiore a 1,5, ma se poi per tre settimane ha il colore giallo potrà allora passare all’arancione. A quel punto dopo altre tre settimane in arancione (ma sempre con un teorico giallo) potrà passare al giallo.